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Fonte: ANSA
VERONA - I due giovani arrestati hanno ammesso la propria partecipazione al pestaggio di Nicola Tommasoli. Nella notte sono stati individuati dagli agenti della Digos in un paesino ad una ventina di chilometri di distanza da Verona, a Illasi.Si tratta di Guglielmo Corsi, 19 anni, metalmeccanico, e Andrea Vesentini, 20, promoter finanziario. Gli altri due del gruppo non ancora arrestati sono ricercati ma già identificati e non é escluso che presto si consegnino alla Digos veronese. I due arrestati, che si aggiungono a Raffaele Delle Donne - un veronese di 19 anni, studente liceale, simpatizzante della destra più estrema -, già bloccato ieri, sono già stati interrogati dal Pm Rombaldoni e hanno confermato la partecipazione al pestaggio. Sono stati condotti nel carcere veronese di Montorio.IN MATTINATA PROSSIMO BOLLETTINO MEDICOSarà emesso in tarda mattinata il prossimo bollettino medico sulle condizioni di Nicola Tommaselli, il giovane veronese vittima di un pestaggio la notte del primo maggio. Nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Maggiore Borgo Trento, a Verona, c'é silenzio. Dietro le pesanti porte antifuoco c'é la stanza dove lotta contro la morte Nicola Tommaselli. I medici ieri avevano annunciato per oggi l'inizio del periodo di osservazione per l'eventuale dichiarazione di morte cerebrale. Mentre il direttore del reparto Francesco Procacci annuncia un bollettino medico per la tarda mattinata, davanti alla porta che immette nel reparto non c'é la piccola folla dei giorni scorsi. Il silenzio è interrotto dal pianto disperato di una ragazza romena giunta da Ravenna per avere notizie della sorella in fin di vita dopo essere stata investita sabato sera mentre era a bordo di uno scooter con il fidanzato, da un Suv a Sommacampagna (Verona). PM, MOTIVI PESTAGGIO NON SONO POLITICI I motivi del pestaggio di Nicola Tommasoli non sono politici e la spiegazione della sigaretta negata è plausibile. Lo ha detto il sostituto procuratore di Verona, Francesco Rombaldoni, che conduce le indagini sull'aggressione al giovane disegnatore industriale ricoverato in coma all'ospedale di Verona.
IERICACCIA AD ALTRI AGGRESSORI Erano già ben noti a polizia e magistratura almeno tre dei cinque balordi che la notte del primo maggio hanno massacrato, con la scusa di una sigaretta negata, Nicola Tommasoli. E' stata proprio l'assurdità di quella violenza senza motivo a spingere chi già aveva avuto a che fare con loro a riaprire un fascicolo vecchio di mesi e a dare così un nome a tre degli aggressori: due di loro nel frattempo sono scappati, sembra all'estero, il terzo, un ventenne di buona famiglia, probabilmente sentito che il cerchio si stava stringendo, si è presentato in questura questa mattina, accompagnato dall'avvocato, ed ha confessato. Nicola, intanto, è nel suo letto d'ospedale, sempre in coma e dalle prossime ore, si è appreso da fonti ospedaliere, inizierà il periodo d'osservazione per dichiararne la morte cerebrale. Fuori dalla porta blu del reparto di rianimazione dell'ospedale Borgo Trento, i genitori, Luca e Maria, e gli amici piangono e aspettano in silenzio. I tre aggressori individuati dalla polizia, secondo quanto si é appreso negli ambienti investigativi, farebbero parte di un gruppo di giovani di estrema destra, molti dei quali ultrà del Verona (una delle tifoserie considerate a più alto rischio), il cui obiettivo era la "caccia al diverso". Nell'indagine chiusa un anno fa dalla Digos scaligera, che ha portato alla denuncia di 17 ragazzi tra i 17 e i 25 anni, è infatti emerso che le vittime della banda non erano solo extracomunitari ma tutti coloro che in qualche modo venivano visti come non omologabili con le loro idee. A conferma di ciò, le indagini avevano consentito di accertare violenze nei confronti di un giovane che indossava una felpa del Lecce e di due ragazzi appartenenti al centro sociale 'Chimica', aggrediti a colpi di spranga. Ancora, la banda sarebbe stata responsabile di un'aggressione ad un giovane seduto sulle scalinate di piazza Erbe, colpevole di danneggiare l'immagine di Verona 'citta' di classé. Nel corso delle perquisizioni effettuate un anno fa nelle abitazioni degli indagati, la polizia trovò cinghie, manganelli telescopici ma anche cassette video e dvd che contenevano immagini di pestaggi e documenti e materiale del 'Fronte veneto skinheads'. L'accusa contestata dalla procura di Verona ai 17 giovani individuati dalla Digos un anno fa, fu di associazione a delinquere finalizzata alle lesioni personali e alla violazione della legge Mancino contro la discriminazione razziale, etnica e religiosa. All'inizio delle indagini, gli investigatori pensavano che gli episodi fossero riconducibili a scontri tra le opposte tifoserie; con il prosieguo degli accertamenti, però, si è scoperto che la banda premeditava le aggressioni nei confronti di chi aveva stili di vita diversi a prescindere dalla sua fede calcistica. E ad unire il gruppo era la volontà di compiere gesti di violenza gratuita. La caccia al diverso, è emerso dalle indagini, iniziava in alcuni locali del centro storico di Verona frequentati il fine settimana da giovani. In queste occasioni, secondo investigatori ed inquirenti, la banda andava volutamente alla ricerca dello scontro nei confronti di chi aveva stili di vita diversi. E dunque, le aggressioni e i pestaggi non erano solo contro chi era diverso per il colore della pelle, per il paese di provenienza o per posizioni politiche, ma anche semplicemente, contro chi parlava o vestiva in modo diverso dal gruppo.
IERICACCIA AD ALTRI AGGRESSORI Erano già ben noti a polizia e magistratura almeno tre dei cinque balordi che la notte del primo maggio hanno massacrato, con la scusa di una sigaretta negata, Nicola Tommasoli. E' stata proprio l'assurdità di quella violenza senza motivo a spingere chi già aveva avuto a che fare con loro a riaprire un fascicolo vecchio di mesi e a dare così un nome a tre degli aggressori: due di loro nel frattempo sono scappati, sembra all'estero, il terzo, un ventenne di buona famiglia, probabilmente sentito che il cerchio si stava stringendo, si è presentato in questura questa mattina, accompagnato dall'avvocato, ed ha confessato. Nicola, intanto, è nel suo letto d'ospedale, sempre in coma e dalle prossime ore, si è appreso da fonti ospedaliere, inizierà il periodo d'osservazione per dichiararne la morte cerebrale. Fuori dalla porta blu del reparto di rianimazione dell'ospedale Borgo Trento, i genitori, Luca e Maria, e gli amici piangono e aspettano in silenzio. I tre aggressori individuati dalla polizia, secondo quanto si é appreso negli ambienti investigativi, farebbero parte di un gruppo di giovani di estrema destra, molti dei quali ultrà del Verona (una delle tifoserie considerate a più alto rischio), il cui obiettivo era la "caccia al diverso". Nell'indagine chiusa un anno fa dalla Digos scaligera, che ha portato alla denuncia di 17 ragazzi tra i 17 e i 25 anni, è infatti emerso che le vittime della banda non erano solo extracomunitari ma tutti coloro che in qualche modo venivano visti come non omologabili con le loro idee. A conferma di ciò, le indagini avevano consentito di accertare violenze nei confronti di un giovane che indossava una felpa del Lecce e di due ragazzi appartenenti al centro sociale 'Chimica', aggrediti a colpi di spranga. Ancora, la banda sarebbe stata responsabile di un'aggressione ad un giovane seduto sulle scalinate di piazza Erbe, colpevole di danneggiare l'immagine di Verona 'citta' di classé. Nel corso delle perquisizioni effettuate un anno fa nelle abitazioni degli indagati, la polizia trovò cinghie, manganelli telescopici ma anche cassette video e dvd che contenevano immagini di pestaggi e documenti e materiale del 'Fronte veneto skinheads'. L'accusa contestata dalla procura di Verona ai 17 giovani individuati dalla Digos un anno fa, fu di associazione a delinquere finalizzata alle lesioni personali e alla violazione della legge Mancino contro la discriminazione razziale, etnica e religiosa. All'inizio delle indagini, gli investigatori pensavano che gli episodi fossero riconducibili a scontri tra le opposte tifoserie; con il prosieguo degli accertamenti, però, si è scoperto che la banda premeditava le aggressioni nei confronti di chi aveva stili di vita diversi a prescindere dalla sua fede calcistica. E ad unire il gruppo era la volontà di compiere gesti di violenza gratuita. La caccia al diverso, è emerso dalle indagini, iniziava in alcuni locali del centro storico di Verona frequentati il fine settimana da giovani. In queste occasioni, secondo investigatori ed inquirenti, la banda andava volutamente alla ricerca dello scontro nei confronti di chi aveva stili di vita diversi. E dunque, le aggressioni e i pestaggi non erano solo contro chi era diverso per il colore della pelle, per il paese di provenienza o per posizioni politiche, ma anche semplicemente, contro chi parlava o vestiva in modo diverso dal gruppo.
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