Il 10 dicembre di sessant'anni fa, a Parigi, i membri Onu firmarono la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Dal diritto di nascita a quello di pensiero, dal diritto di giocare a quello di lavorare (in sicurezza), di istruirsi (in sicurezza), di non essere discriminato, di avere una nazione: tutto ciò che rende un individuo un uomo nel senso più completo del termine è racchiuso in questi trenta articoli partoriti da un mondo che contava i morti della seconda guerra mondiale e leggendo Montesquieu e Voltaire trovava ancora, evidentemente, buoni spunti di riflessione.
Prepariamoci a venire inondati, in questa giornata, di immagini di violazioni recenti di diritti umani: quasi sicuramente i telegiornali e i quotidiani, anche online, ci sbatteranno davanti agli occhi i bambini che muoiono di fame e di colera in Zimbabwe, i monaci tibetani perseguitati in Birmania, le spose bambine del mondo islamico, costrette a prendere marito non appena raggiungono la soglia della pubertà. Per tutto il giorno sentiremo ripetere parole come dignità, uguaglianza, sviluppo, progresso, civiltà, per tutto il giorno parole come discriminazione e violenza resteranno estranee al nostro vocabolario, al nostro fare, al nostro essere: ci sentiremo meravigliosamente bene facendo l'elemosina al rom che congela davanti al semaforo, perchè, seguendo il suggerimento dei costituenti universali, gli avremo garantito almeno un pasto quotidiano, poi tra qualche giorno esulteremo quando il parlamento voterà la prossima legge xenofoba.
Questo succederà, e a nessuno verrà in mente di mandare in onda le violazioni delle libertà fondamentali della persona che avvengono nel mondo occidentale, quello cosiddetto civile. Quello che io vorrei vedere, nei telegiornali di oggi, è un giornalista che si incazzi nel dare la notizia della morte per assideramento di quel barbone a Napoli. Uno che, dopo avere mostrato le immagini del terzo mondo arretrato e reazionario, continui dicendo "E ancora a proposito di violazioni della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, sentiamo il nostro corrispondente da Napoli...". O da Roma, dove il Vaticano non ha intenzione di firmare la moratoria contro la depenalizzazione dell'omosessualità; da Catania, dove negli ultimi anni quindici persone, tra studenti e giovani docenti, sono rimaste mortalmente intossicate nei laboratori della facoltà di Farmacia mentre facevano ricerca; da Torino, che ancora brucia di sdegno per i sette operai arsi nel rogo delle acciaierie Thyssen, Torino dove si muore di lavoro e pure di scuola, sepolti da un controsoffitto costruito per fare sembrare meno vecchio un istituto di due secoli fa. O da Atene, dove un ragazzino che manifestava contro i tagli alla scuola (drammaticamente vero che dove vai il mondo è paese, no?) è stato ucciso da un poliziotto "per una tragica fatalità" (perchè si dice sempre così quando le responsabilità non devono essere rese pubbliche). O da Guantanamo Bay, dove gli Americani, che poi la democrazia la vanno ad esportare e i diritti umani li vanno ad insegnare, si divertono a torturare i terroristi nella speranza che rivelino dove sono le armi di distruzione di massa che in sei anni di guerra non sono riusciti a trovare. O da un qualsiasi Paese europeo che, cullando gli studenti in ideologie fallite e aberranti e nutrendoli di storia faziosa, allena generazioni di giovani intolleranti pronti a chiamare "diritto" ogni capriccio e "libertà" ogni arbitrio.
Gli storici, i politici (alcuni...), i giuristi amano parlare, a proposito della contraddittorietà del mondo globalizzato, di "democrazia malata". Ecco, io credo che uno degli aspetti più sofferenti del morbo che affligge la parte felice del mondo, sia proprio questo suo ritenersi una civiltà al riparo dagli errori, una civiltà che ha superato brillantemente l'esame di democrazia formale e può permettersi di rimandare quello di democrazia sostanziale a data da destinarsi. Io credo che sino a quando continueremo a pensare che quel pezzo di carta firmato a Parigi sessanta anni fa non sia destinato a noi, i princìpi che esprime resteranno solo una sorta di autolegittimazione per tutte le cazzate che andiamo facendo dentro e fuori casa nostra. Io credo che non serva e non basti tacciare di oscurantismo giuridico e arretratezza sociale gli Stati più sfortunati, perchè l'attualità di quella carta sta nel non considerare mai passato e mai circoscritto il monito che contiene.
La nostra sensibilità resistente ci vieta di mentire: anche nell'Italia del 2008 vengono violati i più elementari diritti della persona, e se i giornalisti oggi ci mostrano l'Africa, l'Iran e la Cina, se i politici continuano a dirci che va tutto bene, troviamolo noi il coraggio di rispondere "presente" all'appello degli orrori.
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Marina (presente)