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venerdì 2 maggio 2008

Grillo, esempio di "resistenza"


Il grande Beppe Grillo manda tutti a fanculo e se la ride. Non ha paura della pubblicazione del suo reddito, lui paga le tasse. Ecco il suo blod di ieri, vero esempio di "resistenza", grande spirito e grande forza. Un esempio di libertà.




Oggi è il primo maggio e sono contento. Felice di essere attaccato dai giornali di regime. Dalle testate e dalle televisioni della Confindustria e di Testa d'Asfalto che per diffamarmi usano i loro servi. Sono strafelice che gli italiani sappiano quanto guadagno e quanto pago di tasse. Incredibilmente ilare per lo spazio che i direttori dei quotidiani e dei telegiornali dedicano alla rivolta dei grillini sulla pubblicazione on line dei redditi. Il 25 aprile è stato il grande momento dell'orango Petronilla preferito a due milioni di persone che manifestavano per una libera informazione. Dopo ci sono state le offese a chi ha partecipato, a chi ha osato mettere una firma per i referendum e al guitto, al Pasquino, al buffone Beppe Grillo. Vi ringrazio cari pennivendoli, continuate su questa strada, vi porterà lontano. Inistete il più possibile. Siete la dimostrazione vivente delle motivazioni dei referendum. Non mollate.Ma i Forbice, i Mieli, i Riotta, i Giordano sono marionette nelle mani dell'ABI, dello psiconano, dei partiti. Questo lo sanno anche i bambini. A chi fa paura la libera informazione? Chi è il lupo cattivo?Il Senato si è insediato. Rimarranno nella nostra memoria immagini indimenticabili.Cuffaro che abbraccia il revisionista Dell'Utri. Il prescritto a vita Andreotti che presiede la seduta e incorona Schifani. Topo Gigio e i suoi che applaudono convinti invece di lasciare l'aula per decoro. Sembrava il carcere dell'Ucciardone, ma era Palazzo Madama.Stiamo assistendo all'autodistruzione di un Regime.Libera informazione in libero Stato. V day every day.

Schifani


Fonte: www.casadellalegalita.org

Autori: C.Abbondanza - S.Castiglion

Titolo orginale: "Andreotti (mafioso) insedia, Schifani (socio e amico del boss) eletto"

Con la benedizione della presidenza del mafioso Andreotti, il socio e "collaboratore" del boss di Villabate è ora la seconda carica dello Stato. Quello che il boss Nino Mandalà chiamava "il cornuto" e che gli ha sistemato un bel po' di affari, Renato Schifani è stato eletto al primo colpo.Quella che dovrebbe essere l'Opposizione "ferma" del Pd alla maggioranza berlusconiana, non ha posto ostacoli... ha, in buon ordine, abdicato con una "scheda bianca". Quella che si annunciava la "dura" opposizione per la "legalità e la questione morale" dell'IdV di Di Pietro, non ha posto ostacolo, ed anche qui, in buon ordine, ha abdicato con una "scheda bianca" e l'annuncio, come Anna Finocchiaro, del pieno rispetto per la "carica istituzionale". Non è un incubo, è l'Italia: Renato Schifani, l'autore - insieme agli ulivisti Boato e Meccanico - del famoso "lodo" che voleva garantire l'impunità alle cinque più alte cariche dello Stato, a garanzia totale di Silvio Berlusconi e che è stato dichiarato "anticostituzionale", è ora Presidente del Senato della Repubblica.Se nessuno ha osato abbondare quell'Aula presieduta - per "anzianità" - da un mafioso accertato con sentenza definitiva, quale è Giulio Andreotti, figurarsi se a qualcuno veniva in mente di ricordare chi è Schifani. Infatti lo hanno tutti applaudito per il suo "sincero" discorso. Chi è Schifani, quindi, lo ricordiamo noi...
"Schifani disse a La Loggia: ‘senti Enrico, dovresti telefonare a Nino Mandalà, perché ha detto che a Villabate Gaspare Giudice non ci deve mettere piede... e quindi c'è la possibilità di recuperare Nino Mandalà, telefonagli'. Il mafioso è quasi divertito. Tanta confusione intorno al suo nome in fondo lo fa sentire importante. Alzare la voce con i politici è sempre un sistema che funziona. E, secondo lui, anche Renato Schifani ne sa qualcosa. Dice Mandalà: ‘Simone, hai presente che Schifani, attraverso questo [il candidato di Misilmeri]... aveva chiesto di avere un incontro con me, se potevo riceverlo. E io gli ho detto no, gli ho detto che ho da fare e che non ho tempo da perdere con lui. Quindi, quando ha capito che lui con me non poteva fare niente, si è rivolto al suo capo Enrico La Loggia che, secondo lui, mi dovrebbe telefonare. Ma vedrai che lui non mi telefonerà. Mi può telefonare che io, una volta, l'ho fatto piangere?Nell'auto di Simone Castello la domanda del boss di Villabate è seguita da qualche secondo di silenzio. Poi le microspie dei carabinieri registrano la storia di un'amicizia tradita. Una storia di mafia in cui i capibastone minacciano e i politici, terrorizzati, chiedono piangendo perdono.Mandalà la narra con astio, tutta d'un fiato. Torna con la mente al 1995, l'anno in cui suo figlio Nicola era stato arrestato per la prima volta. Accusa La Loggia di averlo lasciato solo, di averlo ‘completamente abbandonatoì, forse nel timore che qualcuno scoprisse un segreto a quel punto divenuto inconfessabile: lui e Nino Mandalà non solo si conoscevano fin da bambini, ma per anni erano anche stati soci, avevano lavorato fianco a fianco in un'agenzia di brokeraggio assicurativo.‘Non mi aspettavo che dovesse fare niente, che dovesse fare dichiarazioni alla stampa, ma almeno un messaggio, ‘ti do la mia solidarietà', [mr lo poteva mandare]. Stiamo parlando di un rapporto che risale alla notte dei tempi, quando eravamo tutti e due piccoli - lui è più piccolo di me - [nemmeno] mi ricordo quando ci siamo conosciuti. [Ma] suo padre... era mio padre, lui era un cristiano con i cazzi, non [come] questo pezzo di merda... [Poi siamo stati] soci in affari perché abbiamo avuto assieme una società di brokeraggio assicurativo, lui presidente e io amministratore delegato. [Andavamo] in vacanza assieme...'Il portaordini di Provenzano cerca d'interromperlo, sembra voler tentare di calmarlo: ‘Va bene, magari è il presidente [dei senatori di Forza Italia e non si può esporre]...'‘D'accordo, però, dico, in una situazione come questa... Dio mio mandami un messaggio. [Poteva farlo attraverso] ‘sto cornuto di Schifani che [allora] non era [ancora senatore], [ma faceva] l'esperto [il consulente in materie urbanistiche] qua al Comune di Villabate a 54 milioni [di lire] l'anno. Me lo aveva mandato [proprio] il signor La Loggia. Lui [Schifani] mi poteva dire, mi chiamava e mi diceva: ‘Nino vedi che, capisci che non si può esporre però è con te, ti manda [i saluti]'. No, e invece non solo non mi manda [a dire] niente lui, ma Schifani...'‘Dice che non ti conosce...'‘Schifani, quando quelli là in Forza Italia, gli chiedono ‘ma che è successo all'amico tuo, al figlio dell'amico tuo' risponde ‘amico mio?...no, manco lo conosco, lo conosco a mala pena'. [Così] il signor Schifani [quando veniva a Villabate] per motivi di lavoro [la consulenza per il Comune] vedeva a me e, minchia, scantonava, scivolava, si spaventava come se... come se prendeva la rogna, capisci? Poi, un giorno, dopo la scarcerazione di Nicola, [io e La Loggia] ci siamo incontrati a un congresso di Forza Italia. Lui viene e mi dice: ‘Nino, io sai per questo incidente di tuo figlio...'.Gli ho detto: ‘Senti una cosa, tu mi devi fare una cortesia, pezzo di merda che sei, di non permetterti più di rivolgermi la parola'.‘Ma Nino, ma è mai possibile che tu mi tratti così?'.‘E perché come si deve trattare? Perché non è possibile spiegarmelo. Chi sei?'‘No, ma io non dico questo, ma i nostri rapporti...'‘Ma quale rapporto.'‘Senti possiamo fare una cosa, ne possiamo parlare in ufficio da me?', ‘Si perché no...' E ci siamo trasferiti in via Duca della Verdura [lo studio di La Loggia]. [...]Da un certo punto di vista l'astio dell'avvocato Mandalà è perfettamente comprensibile. Lui Schifani e La Loggia li aveva sempre considerati degli amici, tanto che erano stati tra gli ospiti importanti del suo secondo matrimonio, avvenuto nei primi anni Ottanta. A quell'epoca Nino Mandalà era appena rientrato in Sicilia da Bologna, dove lavorava nel mondo delle concessionarie d'auto e dove anche suo figlio Nicola era nato. Con loro aveva fondato la Sicula Brokers, una strana società in cui i suoi futuri leader di Forza Italia sedevano fianco a fianco di imprenditori di odor di mafia e boss di Cosa Nostra.A scorrere le pagine ingiallite di quei documenti societari c'è da rimanere a bocca aperta: la Sicula Brokers viene creata nel 1979 e tra i soci, accanto a Mandalà, La Loggia e Schifani, compaiono i nomi dell'ingegnere Benny D'Agostino, il titolare delle più grandi imprese di costruzioni marittime italiane, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e di Giuseppe Lombardo, l'amministratore delle società di Nino e Ignazio Salvo, i re delle esattorie siciliane arrestati nel 1984 da Giovanni Falcone perché capi della famiglia mafiosa di Salemi. La Sicula Brokers è insomma una società simbolo di quella zona grigia nella quale, per anni, borghesia e boss hanno fatto affari.Palermo del resto è sempre stata così: nel dopoguerra i mafiosi erano i campirei dei ricchi, erano gli uomini di fatica ai quali la borghesia e l'aristocrazia delegavano l'amministrazione delle terre e dei beni. Un rapporto quasi simbiotico, spesso caratterizzato da reciproci scambi di favori. Ecco quindi che Benny D'Agostino, il socio di La Loggia, Schifani e Mandalà, viaggia nei primi anni Ottanta in Ferrari con don Michele Greco, il "papa della mafia"; ospita nelle sue proprietà i latitanti; si dedica con i prestanome di Provenzano, come il boss Pino Lipari, al controllo della spartizione degli appalti pubblici. Ecco quindi che il senatore Giuseppe La Loggia, il padre di Enrico, stando al racconto di Mandalà, si presenta da un capomafia come Turiddu Malta per domandare il suo appoggio elettorale.Un fatto quasi normale per l'epoca, tanto che del sostegno dato da Cosa Nostra a La Loggia senior parlerà anche Nick Gentile, un pezzo da novanta nella Cosa Nostra made in USA, consigliere di Al Capone e Lucky Luciano.[...]Il problema è che la mafia, al contrario della politica, non dimentica. Anche a distanza di anni, anzi di decenni, è difficile scrollarsi di dosso certi rapporti, certe antiche relazioni. Ed è difficile anche per Enrico La Loggia che pure, a metà degli anni Ottanta, fa parte come assessore della prima giunta del sindaco Leoluca Orlando e, per diretta ammissione di Nino Mandalà, in quelle vesti risponde di no alle sue richieste di aiuto.Così le vittorie elettorali di Forza Italia nelle zone di Villabate e Bagheria, feudi di Provenzano e della famiglia Mandalà, diventano pericolose.Francesco Campanella, che osserva quanto accade dalla sua poltrona privilegiata di presidente del consiglio comunale, se ne accorge quasi subito. Nel 1994 l'avvocato Nino Mandalà sbandiera i suoi legami importanti. Se ne fa vanto. Dice a Francesco di avere ‘strettissimi rapporti con il senatore', gli parla del suo matrimonio al quale anche lui e Schifani avevano partecipato, e Campanella capisce che non mente. Il nuovo segretario comunale viene scelto dal sindaco Navetta su ‘segnalazione di La Loggia' e la stessa cosa accade con Schifani: ‘I rapporti tra loro erano ancora ottimi durante l'inizio dell'attività politica del Mandalà nel '94, tant'è vero che La Loggia era il suo riferimento all'interno di Forza Italia [...]; a un certo punto Schifani fu segnalato da La Loggia come consulente e quindi nominato dal sindaco come esperto in materia urbanistica. [...] Le quattro varianti al piano regolatore di cui abbiamo parlato, parco suburbano, la variante commerciale, la viabilità, furono tutte concordate dal punto di vista anche di modulazione, di componimento, insomma dal punto di vista giuridico con lo stesso Schifani'.[...]Lì Mandalà organizzò tutto per filo e per segno interagendo in prima persona. [...] Mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e con La Loggia e che aveva trovato un accordo per il quale i due segnalavano il progettista del piano regolatore generale, incassando anche una parcella di un certo rilievo [...]. L'accordo, che Mandalà aveva definito con i suoi amici Schifani e La Loggia, era quello di manipolare il piano regolatore, affinché tutte le sue istanze - che poi erano [la richiesta] di variare i terreni dove c'erano gli affari in corso e addirittura di penalizzare quelle della famiglia mafiosa avversaria o delle persone a cui si voleva fare uno sgarbo - fossero prese in considerazione dal progettista e da Schifani [...] Cosa che avvenne, perché poi cominciò questa attività di stesura del piano regolatore e io mi trovai a partecipare a tutte le riunioni che si tennero con lo stesso Schifani, qualche volta allo studio di Schifani e qualche altra volta al Comune. Io [poi] partecipai anche alle riunioni, più tipiche della famiglia mafiosa, in cui Schifani non c'era...'[...]Il clan di Villabate si butta a capofitto nell'affare. Dal Nord torna il costruttore che se ne era andato dal paese quando era scoppiata la faida con i Montalto. Si mette in società con Nino Mandalà, assieme a lui contatta tutti i proprietari degli appezzamenti di terreno che sarebbero dovuti diventare edificabili e fa loro firmare dei preliminari di vendita. In buona sostanza la mafia si accaparra tutte le zone in cui si potrà costruire. In un incontro con il sindaco Navetta e i due Mandalà, Francesco discute il piano regolatore e ‘gli inserimenti fatti dal progettista con i pareri di Schifani'.Domanda il pubblico ministero [a Francesco Campanella]: ‘Io volevo capire questo: le risulta che Schifani fosse al corrente all'epoca degli interessi di Mandalà in relazione all'attività di pianificazione urbanistica del Comune di Villabate?'‘Assolutamente sì, il Mandalà mi disse che aveva fatto questa riunione con La Loggia e con lo stesso Schifani e l'accordo era appunto nominare, attraverso loro, questo progettista che avrebbe incassato questa grossa parcella che in qualche modo avrebbe condiviso con lo stesso Schifani e La Loggia [...]'‘Quindi la parcella non sarebbe andata soltanto al progettista?'‘No, il progettista era il titolare di un interesse economico che era condiviso dallo stesso Schifani e La Loggia'.[...]‘...però rimane da capire, signor Campanella, esattamente in che epoca si collocano o si colloca, se colo una, quella riunione tra Mandalà, La Loggia e Schifani in relazione alla pianificazione urbanistica del Comune di Villabate'.‘Questa si colloca sicuramente in epoca successiva all'arresto di Mandalà Nicola, nell'epoca in cui stavamo adottando questi atti..."Niente male: ora Renato Schifani è presidente del Senato, seconda carica della Repubblica. Al momento (chissà come mai?!?) nessuno dei "curriculum" pubblicati dai giornali on line cita questi fatti. Noi li pubblichiamo e ringraziamo ancora una volta i due giornalisti autori del libro "I Complici - tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento", Lirio Abbate e Peter Gomez.
Nota: leggere anche il dossier su Schifani pubblicato nell'agosto 2002 da L'Espresso.
PS Mentre i media italiani unanimemente lodano il neo presidente del Senato e si mostrano smemorati (o ignoranti) sul suo passato in Sicilia, i giornali on line esteri, come ad esempio El Pais, pubblicano tutta la biografia di Renato Schifani... compresi i suoi legami con Cosa Nostra! ...e poi qualcuno diceva che il "V2 Day" per la "libera Informazione in libero Stato" era ingiustificato!

giovedì 1 maggio 2008

Concerto primo maggio, LA RESISTENZA c'è


Per tutti gli amanti dell'elettrofolk, stasera alle 19 circa LA RESISTENZA sarà in concerto a Campo Marino (maruggio, TA). Un'occasione unica per sentire dal vivo "Non dimentiCarlo" e per conoscere Enrico ed Angelo. Io resisto se tu resisti, http://www.laresistenza.it/

Il lavoro tra legge e politica

Vieni a resistere insieme a noi: http://www.laresistenza.it/

Questa sera La Resistenza sarà a Campo Marino: non mancare!!!

Costituzione della Repubblica Italiana

PRINCIPI FONDAMENTALI

Articolo 1

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

***

In ogni facoltà di Giurisprudenza che si rispetti (e già qui, a monte, si pone una cernita piuttosto rigida...), una delle prime cose che vengono insegnate ai futuri operatori del diritto è la differenza tra norme precettive e norme programmatiche: è il nostro primo giorno di scuola, il nostro battesimo del fuoco, l'approccio più periferico ad un mondo al quale ci avviciniamo con l'idealismo (e, spesso, l'incoscienza) di chi crede che la giustizia esista e possa realizzarsi in questa vita e in questo mondo.

Allora ci dicono che esistono enunciati giuridici che impongono determinati comportamenti che, se non soddisfatti spontaneamente, comportano una sanzione, e la sanzione è, appunto, la reazione dell'ordinamento alla mancata osservanza della pretesa imperativa nascente dalla norma: per comprendere il concetto è sufficiente pensare alle norme del codice civile che disciplinano i contratti, o a quelle del codice penale che disciplinano i singoli reati.

Accanto ad enunciati di questo tipo, esistono poi enunciati di tipo promozionale o, meglio, programmatico: si tratta di norme "tendenziali" (ma non tendenziose...), che contengono non un diritto o un obbligo, ma un obbiettivo da raggiungere e, perciò stesso, non sono assistite da una sanzione immediata. Il primo comma dell'articolo 1 della Costituzione ne rappresenta un esempio: è norma di scopo, che si propone il fine della piena occupazione, in modo che il diritto al lavoro diventi effettivo e attuale e non resti esclusivamente sulla carta e nelle intenzioni dei Costituenti.

A questo punto della spiegazione, un professore che voglia coinvolgere l'uditorio, solitamente rivolge agli studenti una domanda del tipo... "Le norme programmatiche sono sprovviste di sanzione?". E cioè: il fatto che non sia previsto, a carico di un soggetto giuridico determinato, l'obbligo di osservarle, esime dalla loro applicazione? Naturalmente no. Perchè l'osservanza delle norme promozionali spetta agli organi dello Stato-apparato, segnatamente a quelli di indirizzo politico, Parlamento e Governo: e qualora il fine previsto da una norma di questo tipo non venga conseguito a causa dell'inerzia o dell'incapacità dei governanti, la sanzione che l'ordinamento predispone è la mancata rielezione dell'esponente inerte o incapace (o inerte e incapace). Si chiama responsabilità politica,ed è l'unico mezzo che i cittadini hanno a disposizione per garantire il rispetto delle norme programmatiche.

Siamo il Paese europeo con il livello di crescita economica più basso, il Paese europeo (se si tralasciano quelli dell'est, appena entrati nella UE) con la più alta disoccupazione media da molti anni a questa parte. Eppure i nostri amministratori sono ancora lì, sono ancora lì i nostri politici (tranne qualche episodica eccezione), sono lì a leggere i loro bei discorsi dagli scranni di velluto, e chiamano "morti bianche" le tragedie di chi perde la vita lavorando.

Per chi lavora, oggi è giornata di riposo; per le famiglie dei morti di lavoro, oggi è giorno di lutto; per chi il lavoro non ce l'ha (ancora o più), è solo un altro giorno di rabbia che si aggiunge ai tanti. Questo non è qualunquismo, non è anti-politica: anzi, al contrario, è amore per la politica. Quella seria, però. Quella per cui il lavoro è legge, non programma.

Marina

domenica 27 aprile 2008

G8 2001, a Cosenza tutti assolti




Fonte: Repubblica.it


COSENZA - Assolti. E' caduta l'accusa contro Francesco Caruso, Luca Casarini e altri 11 no global, di associazione sovversiva per avere organizzato gli incidenti del 2001 durante il G8 di Genova ed il Global Forum di Napoli. Lo ha stabilito la Corte d'assise doi Cosenza. La sentenza è arrivata dopo un'ora e mezza di camera di consiglio, ed è stata letta dal presidente Maria Antonietta Onorati. Urla di gioia da parte degli imputati e di una cinquantina di supporter dei no global che hanno seguito il processo davanti al tribunale. "E' la dimostrazione che si è trattato di un teorema accusatorio costruito ad arte per aggredire e zittire i movimenti", è stato il commento del deputato uscente di Rifondazione comunista. Il pm Domenico Fiordalisi aveva chiesto 50 anni complessivi di reclusione, più pene accessorie. L'avvocatura dello Stato ha inoltre chiesto un risarcimento di 5 milioni di euro per danni materiali. La decisione è arrivata dopo un'ora e mezza di camera di consiglio. La condanna più alta, sei anni di reclusione e tre di libertà vigilata, era stata chiesta per Francesco Caruso, deputato uscente di Rifondazione comunista, Luca Casarini e Francesco Cirillo. Per Caruso, inoltre, è stata stabilita l'improcedibilità per uno dei reati contestati, per il quale era stato già giudicato dal Tribunale di Napoli. "Chiederemo ora il risarcimento dei danni, anche per il ritardo con cui è stata riconosciuta l'innocenza degli imputati a causa dell'irragionevole durata del processo", ha annunciato Annalisa Senese, uno dei legali dei no global. "Il pm Fiordalisi torna con la coda tra le gambe - ha detto Francesco Caruso -. E' stato affermato il nostro diritto di contestare il G8. Adesso chi ha disposto questo assurdo teorema dovrebbe rispondere con la propria carriera". Il magistrato ha lasciato l'aula senza fare commenti. Fiordalisi, dopo la lettura del dispositivo, è uscito da una porta secondaria accompagnato dalla sua scorta, evitando qualsiasi contatto con i giornalisti. Quindi ha lasciato il palazzo di giustizia.


Un "fatto politico importante" che "finalmente rovescia la verità artefatta che su Genova qualcuno voleva costruire", è stato il commento di Luca Casarini. "Sono molto contento, questo 25 aprile sarà ancora più bello" ha aggiunto il leader dei Disobbedienti del nord est. Adesso, ha concluso Casarini, "se dovesse passare l'ipotesi di sottoporre i magistrati ad un test, il primo a cui andrebbe fatto sarebbe il dottor Fiordalisi". "E' decisamente una buona notizia", è l'opinione del ministro uscente della solidarietà sociale, Paolo Ferrero. "Emerge infatti - dice Ferrero - come la protesta sociale e le grandi mobilitazioni di Genova del luglio 2001 non possano essere ridotte a fatti di ordine pubblico". Sono trascorsi sei anni da quando, il 15 novembre del 2002, furono arrestate venti persone nell'ambito di una inchiesta della Procura di Cosenza sugli scontri avvenuti a Genova e Napoli. L'indagine durò un anno e mezzo e fu avviata dopo il ritrovamento di un volantino fatto pervenire il 27 aprile del 2001 alla Rsu di una azienda di Rende. Nel volantino si rivendicava l' attentato fatto 15 giorni prima a Roma contro la sede dell'Istituto per gli Affari Internazionali. Il sostituto procuratore di Cosenza, Domenico Fiordalisi, aprì un fascicolo di indagine che si arricchì subito di due informative redatte dalla Digos di Cosenza e dai carabinieri del Ros. Inizialmente nell'inchiesta furono indagate complessivamente 42 persone nei confronti delle quali gli investigatori effettuarono numerose intercettazioni telefoniche, pedinamenti, riprese filmate ed intercettazioni anche di migliaia di e-mail. La presunta associazione sovversiva, costituita nel maggio 2001 a Cosenza, avrebbe avuto lo scopo, secondo l' accusa, di 'sovvertire violentemente' l' ordinamento economico dello Stato, caratterizzando l'organizzazione della 'Rete meridionale del sud ribelle' per farla diventare una più vasta e pericolosa associazione sovversiva attraverso l'utilizzo della violenza. A 13 delle persone arrestate venne contestato il reato di attentato contro organi costituzionali. Il processo ha avuto inizio il 2 dicembre 2004 e si è concluso questa sera con l'assoluzione di tutti gli imputati.

Grillo sulla "Resistenza"


Pubblicità: visita: www.laresistenza.it, sito ufficiale de LA RESISTENZA, band elettrofolk altosalentina.


Riportiamo un'interessante riflessione di Beppe Grillo pubblicata sul suo blog in data 24.04.2008.


La Repubblica di oggi si è accorta del V2 day. Il giornale di De Benedetti scrive che la scelta del 25 aprile per il V2-day è “l’ennesima provocazione” nei confronti della Resistenza e che “ovunque si fronteggeranno le folle chiamate a raccolta dal comico genovese con quelle che intendono ricordare la Liberazione”.Lo dico in termini metaforici: sono stronzate dettate dalla paura e dagli interessi di bottega. Il V2 day è la continuazione della Liberazione e non vuole fronteggiare proprio nessuno che si ispiri a quella data. I partigiani, gli operai, gli uomini liberi del 25 aprile sono nostri fratelli.Il 25 aprile non è di proprietà degli intellettuali di sinistra, una definizione corrispondente a un vuoto pneumatico.Non è di proprietà dei partiti che hanno venduto i lavoratori e la libertà di informazione per un piatto di lenticchie cucinate ad Arcore. E’ la festa di tutti gli italiani che vogliono un Paese libero. L’Italia va liberata di nuovo, è una ex democrazia. Come altro si può chiamare un Paese in cui l’informazione è nelle mani dei gruppi di potere. In cui Silvio Berlusconi è presidente del Consiglio grazie al controllo di tre televisioni e del gruppo Mondadori. Le prime regalate dal latitante Craxi. Il secondo frutto di corruzione di giudici.Il 25 aprile non è di proprietà di chi parla con i banchieri e non con gli operai che gli hanno dato il voto, di chi ha rassicurato Testa d’Asfalto sull’impunità e con lui vuole fare la Bicamerale, la Costituente, la nuova legge elettorale e qualunque altro atto osceno in luogo pubblico.Il V2 Day vuole restituire l’informazione ai legittimi proprietari: ai cittadini italiani. I nostri padri e nonni hanno ripulito l’Italia, ma non hanno finito il lavoro.Il nuovo fascismo è il controllo dell’informazione. I nuovi fascisti sono coloro che controllano l'informazione.Firmate i tre referendum: abolizione dell'ordine dei giornalisti, abolizione dei finanziamenti pubblici di un miliardo di euro all'anno all'editoria, abolizione della legge Gasparri e del duopolio Partiti-Mediaset.

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