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giovedì 28 agosto 2008

La scossa della democrazia

Il ragazzo protagonista del video sotto si chiama Andrew Mayer. E' uno studente universitario americano. Non fa nulla, prova solo a fare delle domande...

Non l'avevo ancora visto, sto filmato. E' qualcosa di sconvolgente. Dovrebbero essere gli esportatori della democrazia, gli USA, sono invece il simbolo dell'abuso di potere, della violenza. Non ho parole per tutti quegli stupidi che restano inermi di fronte ad un episodio tanto grave, incredibile, verificantesi ad un metro dai loro inutili cervelli, a due passi dai loro occhi. Più di uno ride.
Io resisto anche per Andrew Mayer.

E tu, resisti?

mercoledì 27 agosto 2008

Mamma, il suo grembiule è più bello del mio

Fonte: Il diario de La Resistenza
Autore: Enrico Cervellera

Bambino:

"Cara mamma,
a scuola oggi c'era un bambino che teneva una strana scritta sul grembiule... aspetta un attimo... me la sono appuntata per non dimenticarla... allora... mhhh.... eccola, è qui, nel diario, sotto i compiti: JUST CAVALLI... Ma che so' sti cavalli?"

Mamma:
"Non ci pensare, figliolo, sarà un adesivo strano...".

Bambino:
"No, no, mamma, era proprio ricamata, come la tovaglia che ha fatto la nonna, quella che sta sul tavolino basso in salotto... e poi diceva che era un regalo di sua mamma perché aveva fatto un record a quel gioco nuovo della Playstation 3, avevano fatto una scommessa... una cosa così".

Ecco, in Italia hanno fatto una legge (almeno così mi dicono) per reintroddurre i grembiuli a scuola. Dicono serva ad evitare distinzioni classiste tra ragazzi vestiti di sole griffe (e sono parecchi) e ragazzi che vestono... popolare (e siamo, eravamo e siamo, ancor di più)". Poi però i grembiuli sono pure loro di tanti tipi e parecchi genitori fanno a gara per comprare quello più di lusso, quello "firmato". Voi che ne pensate?

Io farei come questo ragazzo:


PS. Ehi, non dimenticare che siamo qui per fare musica. Contattaci per un live nel 2009. Ora siamo occupati a realizzare il nuovo disco, ma torneremo a ruggire.

Facciamo qualcosa insieme! Subito!

Fonte: Il diario de La Resistenza
Autore: Enrico Cervellera

Salve amici,
se andate di fretta leggete solo questo:
collaboriamo, uniamoci, facciamo qualcosa insieme!

Se avete un secondo, invece, leggete qua:
Lo sappiamo bene. Dappertutto nel mondo, i musicisti sono uniti, una categoria solida e organizzata di gente che si rispetta e si coalizza in nome dell'arte per creare qualcosa di originale, di forte, di unico.
In Italia, invece, noi musicisti ci odiamo gli uni con gli altri, ci facciamo guerra, il pesce meno piccolo neanche guarda più quello piccolissimo, o nascituro. E' ora di dire basta. E vogliamo noi fare il primo passo. Offriamo la nostra disponibilità a collaborare nei vostri progetti. Come fare? Ascolta la nostra musica o fatti un giro per space o sito ufficiale (www.laresistenza.it) e pensa seriamente a qualcosa da fare insieme: un featuring, una coveer, una produzione, un remix. Sei un paroliere? Un interprete in cerca di musica originale? Scrivici e segnalaci la tua esistenza. E' il momento di muovere il cu*o, nessuno verrà a suonare alla tua porta, la tua casella email riceverà ancora solo spam e il cellulare accanto alla tastiera del computer sta per trillare. Non emozionarti: è solo tua madre che ti ricorda che è fai ancora in tempo a cambiare mestiere.

Non lasciare passare nemmeno un secondo clicca qui e contattaci. Non lasciar passare anche quest'occasione.

Se nonno Fiorucci dorme


Fonte: Il diario de La Resistenza
Autore: Enrico Cervellera

Cosa dirvi, amici e amiche care, in questo pomeriggio di fine estate?
Potrei dirvi che la vita, e così la pensiamo tutti, potrebbe andare meglio.

C'è sempre da migliorarsi, non credete?

E quando poi ci si è migliorati si ricomincia da capo, e poi da capo, e poi da capo.

Per questo chiamai sta cosa "resistenza". Parecchi, troppi, per lungo tempo hanno fatto finta di non capire, semplicemente perché le nostre songs fanno riflettere, parlano di temi difficili, fanno paura.

Non c'entrano le nostre tendenze politiche, non ci mettiamo niente di tutto ciò in quello che portiamo in note. Semplicemente siamo dalla parte dell'Uomo, inteso come essere vivente privo di ideali totalizzanti, vestito solo di quella bandiera che si chiama dignità. Non vorrei commuovermi, quando scrivo ste stupidaggini...

Veniamo al dunque, altrimenti la frittata è bella che fatta e tutti ci rompiamo e tutti "ma questo che vuole". Santi in paradiso non ce ne stanno, l'unica risorsa quando si è in questa condizione è la propria pelle, le proprie dita, la propria creatività.

Sveglia ragazzi, uniamoci e facciamo sentire la nostra voce. La nostra musica può cambiare il mondo, solo se ci crediamo possiamo cambiarlo davvero.

Ci sarà qualcosa dopo Vasco, dopo Zucchero. Quello potresti essere tu. E fregatene se non hai l'X-factor. Quelle sono cose da cantanti bravi, tu devi cantare perché ti va di farlo, di dire quello che pensi. Resistiamo, amici, resistiamo.

Tanti leggono il mio blog, pochi commentano. Segno dei tempi, ma poco importa: resistere "vuol dir per verba" (citazione dantesca, chi sappia il riferimento vince un ciddì!).

Io resisto se tu resisti, www.laresistenza.it

E per chiudere due risate con NONNO FIORUCCI:
http://www.youtube.com/watch?v=n3wgyf8YgME

domenica 24 agosto 2008

La tragedia delle spose bambine




Lo scorso aprile, in Yemen, una bambina di 8 anni di nome Nojoud si presentò da sola in tribunale, dicendo che era stata costretta dal padre a sposare un uomo trentenne che l’aveva picchiata e forzata ad avere rapporti sessuali.

Ci sono 60 milioni di «spose bambine » nel mondo, secondo le Nazioni Unite. Il giorno delle nozze arriva in genere tra i 12 e i 14 anni, a volte anche prima. Il marito è spesso un uomo più anziano, mai incontrato prima. Ad aprile Nojoud ha chiesto e ottenuto il divorzio. Ma per la maggior parte delle piccole spose come lei non c’è via d’uscita.
L’organizzazione americana International Center for Research on Women (Icrw) ha compilato una «Top 20» dei Paesi in cui i matrimoni di minorenni sono più diffusi: il Niger è al primo posto (il 76,6% delle spose hanno meno di 18 anni), seguito da Ciad, Bangladesh, Mali, Guinea, Repubblica centrafricana, Nepal, Mozambico, Uganda, Burkina Faso, India, Etiopia, Liberia, Yemen, Camerun, Eritrea, Malawi, Nicaragua, Nigeria, Zambia. La «classifica » è basata su questionari standardizzati che non sono però disponibili per tutti i Paesi. Resta fuori dalle statistiche, ad esempio, gran parte del Medio Oriente.
I Paesi della Top 20 sono i più poveri del mondo. In Niger e Mali, rispettivamente il 75% e il 91% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno.

Le spose bambine vengono dalle famiglie più povere in questi Paesi. Spesso i genitori ritengono di non avere altra scelta. «Sono viste come un peso», spiega al Corriere Saranga Jain, ricercatrice dell’Icrw. Nutrirle, vestirle e istruirle costa troppo. E c’è un forte incentivo economico a darle in spose presto. «Nei Paesi in cui vige la pratica della dote (Sud Asia e specialmente India), la famiglia dello sposo è disposta ad accettarne una più ridotta se la ragazza è giovane — dice Jain —. Così i genitori danno in spose le figlie da bambine per pagare di meno. E c’è un incentivo anche in alcuni Paesi africani nei quali sono i genitori della bambina a ricevere un pagamento: più è giovane, più alto è il prezzo». Uno studio condotto in Afghanistan (mancano dati standardizzati ma si ritiene che il 52% delle spose siano bambine) mostra che questi matrimoni vengono praticati anche per sanare debiti o ottenere, in cambio, una moglie per un figlio maschio. «La maggior parte dei genitori non vuole fare del male alle figlie», dice la fotografa americana Stephanie Sinclair, che ha conosciuto tante di queste bambine in Afghanistan, Nepal, Etiopia. «Pensano di proteggerle facendole sposare quando sono vergini: è molto importante in queste società. Ho però incontrato anche una donna che non sembrava dare molto valore alla figlia. "Perché nutrire una mucca che non è tua?", mi rispose quando le chiesi perché, dopo averla promessa in sposa, non la faceva più andare a scuola».
Le minorenni tendono ad essere date in moglie a uomini molto più vecchi di loro. In Africa centrale e occidentale, un terzo delle bambine spose dichiarano che i mariti hanno almeno 11 anni più di loro. In tutti i Paesi della Top 20 ci sono poi casi in cui la differenza d’età è di decenni: anche 70 anni.

Come si spiega? Quando c’è un «prezzo per la sposa», occorrono anni di lavoro perché un uomo possa permettersene una giovane. Nelle unioni poligame, inoltre, man mano che il marito invecchia le nuove mogli sono sempre più giovani. «Uomini più anziani tendono a scegliere ragazze molto più giovani per far sesso — aggiunge Jain—anche perché è più probabile che non abbiano l’Hiv e malattie sessualmente trasmesse o per via di superstizioni secondo cui le vergini possono curare l’Aids; e perché saranno fertili più a lungo».
Le spose bambine si vedono negare la possibilità di studiare e di lavorare: continuano così ad alimentare il ciclo di povertà da cui provengono. Non possono lasciare il marito perché non hanno i soldi per restituire la dote, e il divorzio è spesso considerato inaccettabile. Il problema non è solo il matrimonio precoce, ma anche il parto precoce. La morte di parto è 5 volte più probabile per le bambine al di sotto dei 15 anni che per le ventenni, secondo l’agenzia per la popolazione dell’Onu (Unfpa). Il rischio di morte del feto è del 73% maggiore che per le ventenni. Non essendo le bambine fisicamente pronte alla gravidanza, le complicazioni sono frequenti: 2 milioni di donne sono affette da fistole vescico- vaginali o retto-vaginali, in seguito a lacerazioni prodotte dalla pressione della testa del feto. Le fistole causano incontinenza. «Le ragazze vengono ostracizzate dai loro mariti e dalla comunità — spiega la dottoressa Nawal Nour, direttrice del Centro per la salute delle donne africane di Boston —. L’odore di urina che proviene dalla fistola è così forte che le ragazze sono piene di vergogna. Sono scansate, abbandonate, sole». Nell’Africa sub-sahariana, inoltre, diversi studi mostrano che le ragazze sposate hanno più probabilità di contrarre l’Aids rispetto a ragazze single e sessualmente attive: perdono la verginità con mariti malati e non hanno il potere di negarsi o chiedere loro di usare il preservativo.
Dal 1948 l’Onu e altre agenzie internazionali tentano di fermare i matrimoni di minorenni. Tra gli strumenti più importanti: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la Convenzione sui diritti del bambino. L’Unicef definisce ogni matrimonio di minorenni un’unione forzata, perché i bambini non hanno l’età per acconsentirvi in modo «pieno e libero».

Quasi tutti i Paesi della Top 20 hanno fissato un’età minima per il matrimonio, molti a 18 anni. Ma la legge non viene rispettata. A volte mancano le risorse, altre volte la volontà politica. Spesso vi sono spinte al cambiamento dall’interno, ma anche resistenza. In Yemen, dove la legge non stabilisce con chiarezza un’età minima, alcuni leader religiosi e tribali criticano la pratica delle spose bambine, ma altri la appoggiano e ricordano che anche il Profeta Maometto sposò Aisha quando lei era una bimba. In Etiopia, secondo il Times di Londra, nonostante la Chiesa ortodossa si dica contraria, alcuni preti continuano a celebrarli. «Sposiamo le ragazze così giovani per assicurarci che siano vergini—ha detto uno di loro al giornale —. Se fossero più grandi, qualcuno potrebbe averle stuprate». «La religione in alcuni casi può essere un fattore—spiega Kathleen Selvaggio, ricercatrice dell’Icrw —. Ma i matrimoni di bambine non sono legati a nessuna fede in modo specifico. Sono parte della cultura, tra i cristiani come tra i musulmani ». Quella delle spose bambine è una tradizione antica, radicata.

La soluzione? Per l’Icrw l’unica via è alleviare la povertà, istruire le bambine e collaborare con i leader locali per cambiare le norme sociali.

Apture

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