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Fonte: http://www.greenpeace.org/
Roma, Italia — Niente e nessuno toglierà a Brindisi Sud la palma di centrale più sporca tra quelle esistenti in Italia, anche se i piani dell'Enel di riconversione a carbone degli impianti di Civitavecchia e Porto Tolle avvicineranno questo record. Greenpeace pubblica la classifica delle emissioni di anidride carbonica delle centrali a carbone, praticamente un elenco dei principali responsabili dei cambiamenti climatici nel nostro paese.
In testa, tra gli impianti ora in funzione, la centrale Enel di Brindisi sud con 15,2 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel 2005, seguita da quelle di Fusina e Sulcis (sempre Enel) rispettivamente con 5,6 e 4,1 milioni di tonnellate. Ma evidentemente il principale operatore elettrico vuole consolidare i suoi primati, grazie ai progetti di conversione di Civitavecchia (10,3 milioni di tonnellate di CO2) e Porto Tolle (sempre 10,3 milioni). Impedendo così all'Italia di rispettare gli impegni di riduzione dei gas serra previsti dal Protocollo di Kyoto.Questa classifica – insieme all'azione alla centrale di Porto Tolle, dove attivisti di Greenpeace occupano da tre giorni la ciminiera – viene lanciata alla vigilia della presentazione alla Commissione Europea del Piano nazionale di assegnazione dei permessi di emissione: l'Italia, oltre a essere già stata richiamata dalla Commissione, rischia una procedura d'infrazione per la sua continua inadempienza.
Le emissioni di gas a effetto serra sono fuori controllo
Le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare in assenza di una seria politica per rientrare negli impegni di Kyoto. L'obiettivo per il nostro paese, infatti, è quello di tagliare del 6,5 per cento, entro il 2012, le emissioni registrate nel 1990 – 520 milioni di tonnellate di CO2 – e dunque di ridurle a circa 486 milioni di tonnellate. Poiché nel frattempo le emissioni invece di diminuire sono aumentate (583 milioni di tonnellate nel 2004) il taglio necessario è più consistente, dell'ordine di 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica. L'Italia, quindi, è già ampiamente inadempiente rispetto agli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra e i progetti in corso non fanno che aggravare la situazione.
Emissioni da carbone: verso il raddoppio
Cosa ci si aspetta per il futuro? Greenpeace ha realizzato una classifica (vedi tabella allegata), oltre che delle emissioni degli impianti esistenti, anche di quelle degli impianti in costruzione, in fase di approvazione o di progetto di cui si ha notizia. I due principali progetti sono quelli di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia (in conversione) e Polesine Camerini (in fase di approvazione) a Porto Tolle. L'aumento potenziale delle emissioni che si avrebbe se tutti i progetti presentati o in discussione si realizzassero – pari a oltre 40 milioni di tonnellate di CO2 (con un utilizzo a pieno regime) - rappresenta un sostanziale raddoppio delle emissioni attuali da carbone, per un totale di 89,3 milioni di tonnellate: una cifra quasi equivalente a quella che l'Italia dovrebbe tagliare per rientrare dentro i parametri di Kyoto.
Gli altri inquinanti
Le emissioni di CO2 non sono l'unico aspetto ambientale rilevante di una centrale a carbone, che emette grandi quantità di inquinanti i cui impatti si ripercuotono a livello locale. Ossidi di azoto, ossidi di zolfo, particolato e poi cloro, arsenico, mercurio, piombo, nichel e cromo: per tutte queste voci (e altre) il confronto tra le emissioni di un impianto come Brindisi sud e quelle di una centrale a gas di ultima generazione è nettamente sfavorevole per il carbone. Certo, le emissioni di inquinanti convenzionali di una nuova centrale a carbone sono inferiori a quelle di un impianto di vecchio tipo come quello di Brindisi. Ma per quanto riguarda l'anidride carbonica, anche un kilowattora prodotto da una nuova centrale a carbone emette il doppio di un impianto a gas naturale a ciclo combinato.
Il programma tradito, mentre gli italiani pagano
Autorizzare la conversione a carbone degli impianti di Civitavecchia e Porto Tolle significa andare contro la logica del Protocollo di Kyoto e contro lo stesso Programma di governo dell'Unione; significa scaricare i costi dell'anidride carbonica sugli italiani e, in definitiva, annullare gli effetti positivi di moltissime altre iniziative e politiche messe in atto per contrastare il riscaldamento globale: quello che oggi viene considerato da tutti gli esperti la principale minaccia per il futuro dell'umanità.
In testa, tra gli impianti ora in funzione, la centrale Enel di Brindisi sud con 15,2 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel 2005, seguita da quelle di Fusina e Sulcis (sempre Enel) rispettivamente con 5,6 e 4,1 milioni di tonnellate. Ma evidentemente il principale operatore elettrico vuole consolidare i suoi primati, grazie ai progetti di conversione di Civitavecchia (10,3 milioni di tonnellate di CO2) e Porto Tolle (sempre 10,3 milioni). Impedendo così all'Italia di rispettare gli impegni di riduzione dei gas serra previsti dal Protocollo di Kyoto.Questa classifica – insieme all'azione alla centrale di Porto Tolle, dove attivisti di Greenpeace occupano da tre giorni la ciminiera – viene lanciata alla vigilia della presentazione alla Commissione Europea del Piano nazionale di assegnazione dei permessi di emissione: l'Italia, oltre a essere già stata richiamata dalla Commissione, rischia una procedura d'infrazione per la sua continua inadempienza.
Le emissioni di gas a effetto serra sono fuori controllo
Le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare in assenza di una seria politica per rientrare negli impegni di Kyoto. L'obiettivo per il nostro paese, infatti, è quello di tagliare del 6,5 per cento, entro il 2012, le emissioni registrate nel 1990 – 520 milioni di tonnellate di CO2 – e dunque di ridurle a circa 486 milioni di tonnellate. Poiché nel frattempo le emissioni invece di diminuire sono aumentate (583 milioni di tonnellate nel 2004) il taglio necessario è più consistente, dell'ordine di 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica. L'Italia, quindi, è già ampiamente inadempiente rispetto agli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra e i progetti in corso non fanno che aggravare la situazione.
Emissioni da carbone: verso il raddoppio
Cosa ci si aspetta per il futuro? Greenpeace ha realizzato una classifica (vedi tabella allegata), oltre che delle emissioni degli impianti esistenti, anche di quelle degli impianti in costruzione, in fase di approvazione o di progetto di cui si ha notizia. I due principali progetti sono quelli di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia (in conversione) e Polesine Camerini (in fase di approvazione) a Porto Tolle. L'aumento potenziale delle emissioni che si avrebbe se tutti i progetti presentati o in discussione si realizzassero – pari a oltre 40 milioni di tonnellate di CO2 (con un utilizzo a pieno regime) - rappresenta un sostanziale raddoppio delle emissioni attuali da carbone, per un totale di 89,3 milioni di tonnellate: una cifra quasi equivalente a quella che l'Italia dovrebbe tagliare per rientrare dentro i parametri di Kyoto.
Gli altri inquinanti
Le emissioni di CO2 non sono l'unico aspetto ambientale rilevante di una centrale a carbone, che emette grandi quantità di inquinanti i cui impatti si ripercuotono a livello locale. Ossidi di azoto, ossidi di zolfo, particolato e poi cloro, arsenico, mercurio, piombo, nichel e cromo: per tutte queste voci (e altre) il confronto tra le emissioni di un impianto come Brindisi sud e quelle di una centrale a gas di ultima generazione è nettamente sfavorevole per il carbone. Certo, le emissioni di inquinanti convenzionali di una nuova centrale a carbone sono inferiori a quelle di un impianto di vecchio tipo come quello di Brindisi. Ma per quanto riguarda l'anidride carbonica, anche un kilowattora prodotto da una nuova centrale a carbone emette il doppio di un impianto a gas naturale a ciclo combinato.
Il programma tradito, mentre gli italiani pagano
Autorizzare la conversione a carbone degli impianti di Civitavecchia e Porto Tolle significa andare contro la logica del Protocollo di Kyoto e contro lo stesso Programma di governo dell'Unione; significa scaricare i costi dell'anidride carbonica sugli italiani e, in definitiva, annullare gli effetti positivi di moltissime altre iniziative e politiche messe in atto per contrastare il riscaldamento globale: quello che oggi viene considerato da tutti gli esperti la principale minaccia per il futuro dell'umanità.
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