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sabato 5 aprile 2008

Free Tibet Now


LA RESISTENZA si associa al dolore internazionale per ciò che accade in Tibet. Siamo con voi, resistiamo!




Fonte: ANSA



ROMA - Almeno otto tibetani sono rimasti uccisi dopo scontri con la polizia nei disordini scoppiati giovedì sera nei pressi di un monastero del Sichuan, nella Cina sud occidentale. Lo afferma sul suo sito internet (www.savetibet.org) la 'International Campaign for Tibet'. Ieri l'agenzia ufficiale cinese Nuova Cina aveva dato notizia degli scontri, affermando che era rimasto ferito un funzionario della locale assemblea del popolo. Gli incidenti sono avvenuti vicino al monastero di Donggu, che ospita 350 monaci, nella contea di Garze. Nuova Cina ha ieri affermato che i manifestanti "hanno attaccato la sede del governo locale", costringendo la forze di sicurezza a reagire. Secondo la versione pubblicata dall'organizzazione pro-Tibet, la polizia ha aperto il fuoco su una folla di diverse centinaia di monaci e civili che protestavano dopo un incidente in cui alcuni monaci erano stati arrestati per essersi opposti alla campagna di "educazione patriottica" condotta dalle autorità cinesi. L'ondata di proteste anticinesi dei tibetani è iniziata il 10 marzo scorso, con manifestazioni condotte dai monaci buddisti che sono sfociate in violenze nelle quali sono morte 20 persone secondo la Cina e circa 140 secondo gli esuli tibetani. La rivolta si è estesa alle zone a popolazione tibetana di tre province confinanti con la Regione Autonoma del Tibet: Sichuan, Gansu e Qinghai. Alcuni degli episodi più gravi si erano già verificati nel Sichuan dove, secondo fonti tibetane, 19 tibetani sarebbero stati uccisi dalle forze di sicurezza.Il resoconto dei testimoni citati dal sito internet è estremamente dettagliato. Testimonianze analoghe sono state citate dal sito web del Times di Londra (www.timesonline.co.uk) e dall'emittente americana Radio Free Asia. Secondo i testimoni la polizia era entrata in forze nel monastero di Tongkor (Donggu in cinese), per sequestrare le foto del Dalai Lama, il leader tibetano in esilio. Due monaci si sono opposti e sono stati arrestati. In seguito tutti i monaci di Tongkor (che sono circa 350) sono andati al vicino accampamento della Pap (Polizia armata del popolo), per chiederne la liberazione. Nell'accampamento stazionano più di mille uomini inviati da Pechino per riprendere il controllo della situazione dopo le manifestazioni anticinesi delle scorse settimane. Dai villaggi vicini, centinaia di civili tibetani si sono uniti ai monaci. La sparatoria è avvenuta poco dopo, nei pressi dell'accampamento della Pap, mentre la folla urlava "Lunga vita al Dalai Lama", "Vogliamo la libertà". I testimoni fanno i nomi undici persone, tra cui tre monaci, che sono state uccise nella sparatoria. Un residente cinese della zona citato da Radio Free Asia ha affermato: "Non era una protesta. Era picchiare, distruggere e saccheggiare, erano come banditi". Nuova Cina, nel suo dispaccio di ieri, ha scritto che gli agenti "hanno sparato dei colpi di avvertimento" quando rischiavano di venire sopraffatti dai manifestanti.

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