Tratto dal libro "Manifesto contro la televisione"
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Più persone guardano un programma e più la pubblicità paga in termini economici, seguendo la logica perversa e deleteria dell’audience! Ormai questo termine è diventato così familiare che è entrato nel nostro bagaglio culturale: ma cosa significa esattamente audience? Il dizionario inglese la definisce come «le persone alla portata di orecchio», per via della sua radice latina, ma anche «spettatori» e «uditorio». In termini pubblicitari, e cioè l’ambito che interessa noi e loro, l’audience è l’insieme della popolazione (spettatori) che viene raggiunta dal mezzo televisivo in un determinato periodo di tempo: quindi, una vera e propria unità di misura (spettatori per tempo) messa a disposizione dai pubblicitari per i loro loschi intrallazzi commerciali. Tutto ruota attorno alla raccolta pubblicitaria, che ci piaccia o meno. In passato la “tivù” di Stato usufruiva di un “Servizio Opinioni” che aveva la funzione di stabilire il gradimento e la partecipazione degli spettatori, in pratica si occupava di controllare la qualità stessa degli spettacoli trasmessi. La forte pressione economica delle pubblicità, delle “tivù” private (Fininvest in primis), e la concorrenza a volte sleale di queste ultime, hanno profondamente cambiato tale sistema, passando dall’indice qualitativo a quello quantitativo. Una svolta notevole che ha rivoluzionato tutto il sistema radio-televisivo. Da quel momento in poi, infatti, non è importante se alla gente piace o meno un programma, è importante che lo si guardi e basta!
Nasce a questo punto (esattamente nel 1986, grazie un patto stretto tra la Rai, la Fininvest e l’UPA, gli utenti della pubblicità) il più ridicolo e fittizio sistema di controllo nelle mani del potere economico: l’Auditel®. Una società privata («in regime di monopolio»1) nelle mani delle seguenti società: Rai Spa, Utenti e pubblicità, Agenzie e Centri media, ed editori FIEG.2 I numeri che trasmette attraverso rivelazioni giornaliere (minuto per minuto), vengono interpretati con devozione quasi avessero facoltà divine, e infatti è proprio così: possono creare una carriera o distruggerla, modificare un intero palinsesto e muovere miliardi e miliardi di euro! Un potere enorme. Il problema, come al solito, è che anche in questo caso abbiamo a che fare non con dati reali ma con banali e spesso erronee proiezioni statistiche. Non ci credete? Bene, allora dovete sapere che i dati dell’Auditel® vengono raccolti su un campione di 5.101 famiglie3 (consapevoli ovviamente di esserlo), distribuite nell’intero paese, a cui sono stati consegnati dei telecomandi molto particolari e un meter4.
Con questi telecomandi speciali (più o meno uno per ogni costituente, dal capofamiglia al figlio piccolo, per un totale di circa 14.000 persone), e attraverso il meter, è possibile sapere cosa effettivamente stanno guardando in televisione in ogni momento, e da questo carpire le preferenze del piccino il pomeriggio, della mamma alla mattina e magari del papà in piena notte, per esempio. I dati raccolti, tra le 2 e le 5 del mattino, vengono inviati attraverso la linea telefonica al centro di elaborazione dati della AGB-Italia che elabora e analizza le preferenze degli utenti. Tali preferenze, o meglio pseudo-preferenze, sono del tutto approssimative e imprecise, perché non è possibile impedire a una persona l’uso di più telecomandi (il papà, per esempio, potrebbe usare quello del figlio di notte e viceversa), falsando di conseguenza i risultati; per non parlare poi degli errori grossolani da parte della stessa Auditel®: canali sintonizzati e orari di utilizzo errati.
Non stupiscono, allora, le numerose denunce d’inaffidabilità5, e il tentativo, dichiarato dal direttore dell’Auditel®, di migliorare il sistema modificando le classi socio-economiche delle famiglie campione che partecipano al rilevamento. Avete capito? Quando, allora, gli addetti ai lavori si gongolano parlando di un programma che ha fatto il 50% di share (cioè la metà delle televisioni in Italia) si riferiscono - e nessuno lo sottolinea - non a decine di milioni di televisioni, ma semplicemente alla metà del campione Auditel®, e quindi a poco più di 2.500 famiglie! Chiaro il giochetto?
E’ una bella differenza paragonare 15.000.000 di televisioni a 2.500, o sbaglio? Questa è l’ennesima presa per i fondelli! Usano un insignificante campione di poche migliaia di persone e statisticamente lo fanno diventare rappresentativo dell’Italia intera. Ma la realtà è che non rappresenta alcunché, e questo i “signori della truffa” lo sanno perfettamente, ma fanno finta di niente continuando a fregarci con dati, tabelle e indici. E tutti ci cascano come degli allocchi, noi spettatori e soprattutto le aziende che investono miliardi in pubblicità televisiva. Si spendono fiumi di soldi in funzione di un dato irreale e sicuramente manipolabile: chi, infatti, può garantire l’onestà di questi dati così importanti?
Nasce a questo punto (esattamente nel 1986, grazie un patto stretto tra la Rai, la Fininvest e l’UPA, gli utenti della pubblicità) il più ridicolo e fittizio sistema di controllo nelle mani del potere economico: l’Auditel®. Una società privata («in regime di monopolio»1) nelle mani delle seguenti società: Rai Spa, Utenti e pubblicità, Agenzie e Centri media, ed editori FIEG.2 I numeri che trasmette attraverso rivelazioni giornaliere (minuto per minuto), vengono interpretati con devozione quasi avessero facoltà divine, e infatti è proprio così: possono creare una carriera o distruggerla, modificare un intero palinsesto e muovere miliardi e miliardi di euro! Un potere enorme. Il problema, come al solito, è che anche in questo caso abbiamo a che fare non con dati reali ma con banali e spesso erronee proiezioni statistiche. Non ci credete? Bene, allora dovete sapere che i dati dell’Auditel® vengono raccolti su un campione di 5.101 famiglie3 (consapevoli ovviamente di esserlo), distribuite nell’intero paese, a cui sono stati consegnati dei telecomandi molto particolari e un meter4.
Con questi telecomandi speciali (più o meno uno per ogni costituente, dal capofamiglia al figlio piccolo, per un totale di circa 14.000 persone), e attraverso il meter, è possibile sapere cosa effettivamente stanno guardando in televisione in ogni momento, e da questo carpire le preferenze del piccino il pomeriggio, della mamma alla mattina e magari del papà in piena notte, per esempio. I dati raccolti, tra le 2 e le 5 del mattino, vengono inviati attraverso la linea telefonica al centro di elaborazione dati della AGB-Italia che elabora e analizza le preferenze degli utenti. Tali preferenze, o meglio pseudo-preferenze, sono del tutto approssimative e imprecise, perché non è possibile impedire a una persona l’uso di più telecomandi (il papà, per esempio, potrebbe usare quello del figlio di notte e viceversa), falsando di conseguenza i risultati; per non parlare poi degli errori grossolani da parte della stessa Auditel®: canali sintonizzati e orari di utilizzo errati.
Non stupiscono, allora, le numerose denunce d’inaffidabilità5, e il tentativo, dichiarato dal direttore dell’Auditel®, di migliorare il sistema modificando le classi socio-economiche delle famiglie campione che partecipano al rilevamento. Avete capito? Quando, allora, gli addetti ai lavori si gongolano parlando di un programma che ha fatto il 50% di share (cioè la metà delle televisioni in Italia) si riferiscono - e nessuno lo sottolinea - non a decine di milioni di televisioni, ma semplicemente alla metà del campione Auditel®, e quindi a poco più di 2.500 famiglie! Chiaro il giochetto?
E’ una bella differenza paragonare 15.000.000 di televisioni a 2.500, o sbaglio? Questa è l’ennesima presa per i fondelli! Usano un insignificante campione di poche migliaia di persone e statisticamente lo fanno diventare rappresentativo dell’Italia intera. Ma la realtà è che non rappresenta alcunché, e questo i “signori della truffa” lo sanno perfettamente, ma fanno finta di niente continuando a fregarci con dati, tabelle e indici. E tutti ci cascano come degli allocchi, noi spettatori e soprattutto le aziende che investono miliardi in pubblicità televisiva. Si spendono fiumi di soldi in funzione di un dato irreale e sicuramente manipolabile: chi, infatti, può garantire l’onestà di questi dati così importanti?
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