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venerdì 23 novembre 2007

Get One, give one




L'iniziativa possibile attualmente solo negli Usa e in Canada

di ERNESTO ASSANTE

NEL 2005 un gruppo di professori del Media Lab del Mit di Boston, capitanato da Nicholas Negroponte, propose di produrre un computer che, costando solo 100 dollari, avrebbe potuto essere distribuito nei paesi in via di sviluppo. Quel piccolo pc chiamato XO, solo per due settimane, sarà disponibile al pubblico americano e canadese per una singolare e importante iniziativa, intitolata "Get one, give one", comprane uno, regalane uno. Fino al 26 novembre si potranno acquistare con 399 dollari due computer XO, uno per se stessi e uno per un bambino di un paese in via di sviluppo. L'invito a prendere parte a questa straordinaria campagna arriva da "One laptop per child", un computer per ogni bambino, una associazione non profit fondata nel 2005 da Nicholas Negroponte e altri professori del Mit. L'associazione aveva già provato a far arrivare i computer ai bambini dei paesi in via di sviluppo, coinvolgendo direttamente i governi dei paesi interessati, che avrebbero dovuto acquistare i pc e distribuirli nelle scuole. Negroponte aveva incontrato numerosi capi di stato, stringendo accordi con i governi di Brasile, Nigeria, Tailandia, ma nonostante questo il progetto non era decollato: i pc distribuiti sono stati troppo pochi, in parte per il cambio dei governi con i quali il Mit aveva stretto accordi, in parte per la concorrenza delle grandi aziende tecnologiche come la Microsoft e la Intel, che contemporaneamente si sono mosse nei mercati internazionali per chiudere accordi (in questo caso di puro profitto) con i governi locali.
"I governi non ci seguono? Bene. andremo direttamente dalla gente", ha pensato Negroponte, ed ha cambiato strategia, lanciando questa nuova campagna, coinvolgendo i governi solo per la distribuzione dei computer acquistati dal pubblico americano e canadese. "La gente avrà nelle mani un computer efficiente e a basso costo e allo stesso tempo contribuirà a un'iniziativa che potrebbe cambiare il mondo. Con un piccolo contributo ognuno potrebbe davvero fare in modo che un computer raggiunga un bambino in un paese povero", dice Negroponte, "perché i governi di questi paesi non saranno costretti a finanziare l'iniziativa". In realtà alcuni Stati, dopo il lancio della nuova iniziativa, si sono mossi spontaneamente, come l'Uruguay che ha ordinato 100.000 computer, o il Perù che ne ha ordinati 250.000, altri paesi hanno firmato per ricevere le macchine, Cambogia, Ruanda e Haiti per primi. E le piccole macchine chiamate XO sono andate in produzione in uno stabilimento vicino Shangai, in Cina. Il pc elaborato dal Mit consuma poca energia, ha una piccola fotocamera incorporata, funziona con software di libera circolazione, ha uno schermo ad alta definizione che è leggibile anche alla luce del sole e ha un sistema wireless che consente di creare una rete di diversi XO senza necessità di un collegamento a Internet. E in caso di mancanza di elettricità può essere ricaricato con una manovella. Il progetto originario di Negroponte era quello di produrre un computer che costasse solo 100 dollari, adatto quindi a paesi con economie sottosviluppate e a famiglie non in grado di spendere molti soldi per l'educazione dei figli. L'obbiettivo non è stato raggiunto, gli XO costano poco meno di 200 dollari, e alcuni esperti, come Michael Dell, della Dell Computers, considerano l'obbiettivo finale irrealistico. Ma Negroponte non demorde e ancora crede che, una volta partita la produzione il prezzo delle macchine sarà destinato a scendere. A produrre i pc è la Quanta, il più grande produttore di computer al mondo (produce tra gli altri quelli della Apple, della Dell e della Hp), e questo offre garanzie di buona qualità delle macchine. Qualità che era stata messa in dubbio sia da Mr. Microsoft Bill Gates che da Craig Barrett, capo della Intel. ma quest'ultimo ha via via ammorbidito la sua posizione fino a ricredersi e entrare a far parte del progetto. L'intera operazione, comunque, non è stata esente da critiche, la principale delle quali è che il progetto si limita a portare le tecnologie in posti sottosviluppati senza pensare in alcun modo alle infrastrutture, alla burocrazie dei paesi, alla cultura in cui questi strumenti si vanno a inserire. Negroponte risponde che "One laptop per child" è un progetto educativo, non un "laptop project", "Non vogliamo promuovere i computer, vogliamo promuovere la cultura, fare in modo che i bambini abbiano uno strumento per dare spazio alla loro creatività, alla loro voglia di esprimersi e di essere in contatto con gli altri". E a lui si aggiunge Walter Bender, professore al Mit e presidente dell'associazione: "Un vaccino è uno strumento che consente al tuo corpo di fabbricare una cura. Un computer non è una cura, ma uno strumento che permette a insegnanti e studenti di impegnarsi nell'apprendimento per costruire apprendimento". Altre aziende si sono attivate negli anni in progetti alternativi a quello del Mit, prima fra tutte la Intel, che ha sviluppato il "Classmate Pc", arrivato sulle scene prima dell'XO, all'inizio di quest'anno, e già distribuito in decine di migliaia di esemplari in diversi paesi come Messico, Brasile, Nigeria, Pakistan e Libia, nonostante un prezzo più alto. "Sono stati principalmente i governi ad acquistare le nostre macchine", ha detto Agnes Kwan della Intel al Washington Post, sottolineando che l'impegno dell'azienda continuerà con una serie di progetti pilota nelle scuole di oltre 30 paesi del mondo, per raccogliere dati sulle necessità tecnologiche delle diverse comunità. L'iniziativa, chiamata "World Ahead" viene sostenuta da un investimento di 1 miliardo di dollari per portare tecnologie ai paesi in via di sviluppo, ai quali la Intel manderà nei prossimi cinque anni, oltre centomila computer. Anche la Microsoft si è mossa, producendo un pacchetto di software che offre in versione ridotta i suoi programmi più famosi, per un prezzo simbolico di soli 3 dollari, destinato ai governi dei paesi più poveri, in un programma chiamato "Unlimited Potential". Mancano ancora pochi giorni poi si saprà se gli americani hanno deciso di sostenere lo sforzo di far entrare nel mondo digitale un'intera generazione di ragazzini africani.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Nni vogghiu unu puru iu!

Apture

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