Vecchia scena, vecchi attori. Solito finale.
11 settembre 2001, una data indelebile. La rappresaglia degli USA non si fa attendere, prima in Iraq (con la storia delle armi di distruzione di massa), poi in Afghanistan. Il 7 ottobre dello stesso anno inizia una guerra che ancora oggi non vede fine. Gli americani pensavano (forse?) ad una guerra lampo, ma la realtà è stata differente. A distanza di 9 anni, il fallimento dei piani americani è sotto gli occhi di tutti. I Talebani sono usciti rafforzati e il consenso dell’ opinione pubblica, del quale i cronisti riferivano, è venuto meno. Ma ancora non si vuole prendere atto della realtà e si afferma di voler portare la democrazia in uno Stato che ormai non c’è più…
E poi c’è l’ Italia. Un’Italia che non ha il coraggio di staccarsi dagli Stati Uniti e di avere un’ autonoma linea di politica estera. Gli ultimi governi, di qualsiasi colore politico, hanno servito la minestra della missione di pace e della democrazia da esportazione. Discutono ogni giorno di tutto, specie delle "regole d'ingaggio", segno che qualcosa di diverso dalla pace, si verifica ogni giorno, ad ogni check point.
Oggi i caduti italiani sono 34, vittime di una pace che è presente solo nei vocabolari dei maggiori Capi di Stato. Trentaquattro ragazzi, molti del Sud, che sono andati a rischiare la loro vita perché avevano una famiglia da sfamare a casa, costretti, diremmo.
Ma si sa, quando c’è una guerra di mezzo, a pagare il conto, sono gli onesti. Noi conosciamo un’altra Pace. Una pace che deve essere tutelata proprio dalla politica, una pace che è garantita dal fondamento del nostro Stato, la Costituzione più bella del mondo e da quell’art. 11 che ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Ai funerali dei quattro ragazzi alpini uccisi, un parente ha attaccato il Ministro La Russa: “Ora godetevi lo spettacolo”. Un orrendo spettacolo che non intende finire…
IRSTR,
Alessandro Denitto
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