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mercoledì 5 novembre 2008

Dalla parte sbagliata del mondo


Guardi Obama sorridere, stordito dai cori e sopraffatto dall'emozione, su quel palco di Chicago, e hai l'impressione di trovarti dalla parte sbagliata del mondo.
Certo che gli americani, quando decidono di cambiare, cambiano sul serio: niente maggioranze risicate come qui da noi, niente vecchi serpenti con la pelle nuova a contendersi le poltrone ingrassati da anni e anni di mangiate a sbafo. Il nuovo che avanza, lì, avanza forte e alla leggenda del self-made-man si sostituisce la realtà dell'uomo globale, con tutte le sue contraddizioni e le meraviglie dell'essere qui ora e lì tra un momento.
Lo guardi baciare sua moglie che indossa un vestito da grande magazzino e abbracciare le sue bambine un po' sperdute davanti a tutta quella gente, e ti vengono in mente tutti i grandi della storia, quelli che hanno trasformato una personale fame di riscatto nella rabbia di fare di un'intera nazione, quelli che hanno creduto nel sogno dell'uguaglianza e ne sono morti, quelli che la democrazia non la considerano merce d'esportazione, ma modo di gestione della cosa pubblica che non s'impone tramite la guerra ma con la tolleranza culturale. Gandhi, John Kennedy, Martin Luther King, i resistenti anonimi di ogni colore e di tutti i tempi rifllessi in Obama stanotte, in un appassionato amalgama di idealismo e azione, storia e avvenire, tradizione e innovazione.
E noi siamo qui, in un'Italia che sempre più si rimpicciolisce agli occhi del mondo, a combattere contro chi usa la legislazione d'urgenza per rimettere a posto la scuola, che in un Paese civile sarebbe considerata la prima industria a cui dare sostegno, contro chi promette dialogo e poi lascia a casa le lavoratrici in età fertile perchè sono una palla al piede per il profitto puro e semplice, e contro chi vuole riformare il sistema giudiziario limitando i poteri dell'accusa pubblica e della polizia.
E facciamo gruppi su Facebook per sostenere il referendum anti-Gelmini e poi lasciamo ragazzi e professori a sfilare da soli, perchè non riusciamo a sposare una causa che non sia esclusivamente e personalisticamente nostra. E sempre su Facebook diventiamo fan di Gino Strada e poi ci adattiamo a una sanità che ne combina una al giorno con la rassegnazione di chi non trova motivi per sperare nel meglio.
Ogni popolo ha i governanti che si merita e certamente non serve a niente invidiare chi ha avuto il coraggio di eleggere Obama, mentre a noi qua ci tocca un governo di furbi e un'opposizione di incapaci. Poi magari - non possiamo escluderlo - domani l'uomo di colore diventerà, al contrario di quello che ha promesso in campagna elettorale, l'uomo nero, per il suo Paese e per il mondo: le implicazioni politiche, religiose, culturali che derivano da questa elezioni sono molte e diverse, e io non sono un'analista nè un'opinionista per poterle sviscerare tutte con la completezza e la precisione che un esame del genere richiederebbe.
Sono la cittadina di un Paese che è stanco di fidarsi e che vive un rifiuto aprioristico per l'idea di rappresentatività, sono una donna che crede profondamente nella politica e ancora più profondamente ne resta delusa ogni volta che il personale prevale sul collettivo, sono una che stanotte ha detto grazie all'America per averle risvegliato dentro una passione anestetizzata dalle bestemmie che ogni giorno i nostri parlamentari, ministri, sottosegretari si lanciano contro chiamandole "dialettica". Questo sono, e certamente non posso escludere che tra un anno anche l'elettore americano medio si sentirà come mi sento io adesso, ma stanotte io quell'elettore l'ho invidiato profondamente, per la speranza che gli ho letto sul viso e la contagiosa voglia di cambiamento che ha espresso con il suo voto.
Per questo, svegliandomi stamattina, ho avuto l'impressione di trovarmi dalla parte sbagliata del mondo.
They can, we can't.
Marina

5 commenti:

Flavio D. ha detto...

They can, we couldn't...

Così direi io... nella speranza che la sfiducia di cui parli possa trasformarsi in una pari "fame di riscatto".

Ma se non si propongono facce nuove e coraggiose, come facciamo noi della parte sbagliata del mondo a mandare a casa governi e opposizioni insipide come minestre riscaldate?
Speriamo che le attese riposte nell'uomo nuovo di colore non vengano deluse... ed egli stesso diventi il capostipite di tanti altri uomini nuovi...

(... che belle parole...)

Flavio D. ha detto...

Pardon...
... volevo dire "They can, we could..."

Alla faccia della speranza.

La mia sfiducia ha preso il sopravvento...

LR web STAFF ha detto...

Pezzo straordinario, bisogna farlo girare.

Marina... ha detto...

Belle parole le tue o le mie, Fla'...? :-)
Grazie, Henry!

Flavio D. ha detto...

Le tue bellissime...come sempre...

Le mie "belle" nel senso di eccessivamente ottimistiche.

Ma aspettiamo fiduciosi e incuriositi l'uomo nuovo...

Apture

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